Nel nostro viaggio di rivoluzione per costruire cultura del benessere non siamo soli. I well-being ambassador di Trainect, persone appassionate del tema, ci accompagnano attivamente nel diffondere i concetti chiave per creare ambienti di lavoro sostenibili.
In questo articolo, Marika Lupi, HR e well-being ambassador di Trainect, ci fa riflettere sul tema della responsabilità individuale nel potere e diffondere cultura del benessere in azienda.
Durante il webinar "Il futuro del Corporate Wellbeing è oggi", è emerso con chiarezza il file rouge che accumunava la narrazione dei professionisti dell'Advisory Board: IL BENESSERE INIZIA DALLA TESTA sotto un duplice profilo-la testa dell'azienda e quindi del manager, leader, Ceo; e la testa delle risorse del team, provvedendo al loro benessere a tutto tondo. Al di là della comprovata considerazione di quanto il mindset di chi è a capo dell'azienda faccia la differenza, ciò che voglio attenzionare oggi, è il potere di cui ciascun lavoratore dispone: averne coscienza corrisponde ad una vera e propria epifania.
Guido Stratta ha parlato di triangolo magico: motivazione, benessere e risultato. A proposito di motivazione, la società McKinsey & Company ha dimostrato che le persone che vivono un'employee experience appagante nella loro organizzazione, hanno un livello di engagement 16 volte più alto di chi ne vive una negativa, pertanto la probabilità di continuare a lavorare per la stessa organizzazione è otto volte più alta per chi vive un’esperienza positiva e creata su misura per le persone. Su questa falsariga aggiungo il report di Decoding Global Talent di Bcg e The Network, dal titolo "What Job Seekers Wish Employers Knew" il quale indagando periodicamente sull’evolversi delle necessità dei lavoratori nel mondo, ha constatato che uno stipendio più alto non è più una leva sufficiente a rendere felice il lavoratore
Leggi l'intervista completa a Guido Stratta nel nostro blog "Leadership e Corporate Wellbeing: Un Binomio di Successo".
MOTIVAZIONE-BENESSERE-RISULTATO. Perchè questa trilogia è così potente? Sono elementi strettamente connessi l'uno all'altro.
La motivazione può essere alimentata dalla passione e cresce esponenzialmente quando c'è un'attenzione reale dell'azienda che viene percepita dalla risorsa. Benessere implica anche il sentirsi sostenuti nell'autodeterminazione, rievocando la piramide di Maslow nella versione estesa. Il Wellbeing quindi, non evoca sic et simplicter il worklife-balance, ma anche senso di appartenenza a quell'azienda perchè ci si sente allineati con il suo sistema valoriale. E ancora, benessere postula, forse in maniera più velata, ma non meno importante, il concetto di meritocrazia. Insisto su quest'ultimo punto a cui tengo e mi riguarda personalmente: riconoscere e individuare i talenti, valorizzarli è game-changer per un'azienda: è il ritrovamento del sacro graal, perchè non siamo tutti uguali e ognuno va valorizzato in maniera differente altrimenti i sistemi della persona diventano asfittici. La consapevolezza di questi concetti ha a che fare con la trasformazione dei nuovi paradigmi Hr ed è e qui che diventa rivoluzionaria e chiarificatrice il senso dell’Employee Experience Design, ovvero la capacità di analizzare e progettare le singole interazioni all’interno dell’organizzazione, per ridefinire le esperienze delle persone e trasformare l’intera cultura aziendale. Tra i vantaggi concreti che si registrano ci sono: maggiore produttività, tassi di talent retention più alti, riduzione dell’assenteismo, miglioramento della salute fisica, mentale ed emotiva degli individui e dei team. Tutto questo delinea l'Employee Lifecycle ovvero: retention- wellbeing -engagement e belonging.
Ma concretamente cosa alimenta la motivazione e contribuisce al benessere? Cosa da lavoratori vorreste per restare in un'azienda? Cosa vi susciterebbe una"quiete accesa" rendendovi sereni ma costantemente stimolati? Ciascuno di noi può fare qualcosa?
Cercherò di fornire via via soluzioni a questi interrogativi. Sento però con assoluta fermezza di poter sostenere quanto la necessità di TEMPO PURO sia la risposta ad ogni domanda. La copiosa attività lavorativa, il lavorare in urgenza nuoce al benessere di ogni singola risorsa. Il tempo può essere gestito in maniera più strategica. Tenterò di elencare alcune best practises che derivano anche dall'Agile, aggiungendo qualche riflessione.
Esistono strumenti di organizzazione e pianificazione del tempo che possono fungere da ausilio nel perseguimento degli obiettivi. Il time management consiste in un accurato processo di pianificazione del tempo e del relativo controllo, con lo scopo di ottimizzare le attività aziendali con una maggiore efficacia ed efficienza portando ad un aumento della produttività. Tra le principali tecniche di time management troviamo la famigerata "tecnica del pomodoro" in virtù della quale ogni attività può essere suddivisa in tante piccole sequenze temporali. Ognuna di queste, potrà a sua volta essere intervallata da una breve pausa di qualche minuto. È assolutamente fisiologico infatti, che il cervello possa stancarsi ed aver bisogno di alcune pause per ricaricarsi. Possiamo aggiungere, il daily scrum o daily stand up, ovvero un evento gestito dallo Scrum Master che prevede una riunione con il team di sviluppo per massimo 10-15 minuti ogni giorno per sincronizzarsi sui progressi ottenuti durante una determinata sequenza-sprint. Applicare questa metodologia anche nella vita quotidiana, aiuta ad essere più focalizzati sugli obiettivi.
Tutto giusto. Ecco però che la mia formazione da giurista, bussa alla porta e mi fa fare l'avvocato del diavolo. In questo modo il compito è perfettamente eseguito, come uno dei migliori fogli excel. Umberto Eco a proposito di liste e pianificazione, scriveva che la società moderna è fortemente influenzata dalla cultura seriale in cui tutto viene elencato e inscatolato, a volte però anziché risolvere il caos, generano vertigine. Flaggare questo, piuttosto che l'altro compito, davvero spezza la spirale del lavoro, o ci travolge in una vertigine senza fine che può condurre al burn-out? Riempire e organizzare tutto fino a saturare attraverso orari sfidanti è tossico, comprendere invece che il tempo scorre linearmente, che l'energia ha dei picchi e delle valli ed è come noi lo riempiamo a dargli valore, che fa la differenza. Ecco allora che lavorare per obiettivi appare la panacea di ogni male: dividere i task in base ai picchi di produttività personali, massimizza la concentrazione, ed è così che il wellbeing diventa connettore autentico di business, consentendoci di assolvere al meglio la nostra attività. Ho volutamente decostruito alcune tecniche per sottolineare quanto un mindset a misura di benessere sia fondamentale a livello personale e nel contesto lavorativo, perchè nonostante l'AI, non abbiamo avatar che ci sostituiscono nelle diverse situazioni quotidiane, ciò che sostengo è dunque una sorte di "butterfly effect" che dal lavoro si estende nella vita privata e viceversa. Alla luce di ciò, quando la TESTA (vedi INCIPIT) DELL'AZIENDA ne ha cognizione, si fanno passi da gigante.
A proposito di passione, i Millenials e la Gen-Z hanno tanto da insegnarci: hanno una mentalità fluida, vogliono partecipare a progetti che reputano di valore, che li appassionano e che sono impact first e people first non solo business first. Hanno chiaro non l'orario di lavoro, ma il ritmo lavorativo, è diverso! Si tratta di un ritmo sostenibile dove ci sono spazi personali non negoziabili, neanche con il più allettante degli stipendi.
E rispetto all'ultimo interrogativo..."Ciascuno di noi può fare qualcosa? La risposta è SI'!!
Cito provocatoriamente "The good enought job: reclaming life from my work"di Simone Stolzoff- "il lavoro buono abbastanza". Lo scrittore attraverso interviste e reportage racconta come il lavoro domini la totalità delle nostre vite, generando il workismo e si pone una domanda: meglio un lavoro abbastanza buono, in cui pur non essendo guidato da una veemente passione, mi consente, tutto sommato, di vivere serenamente le mie giornate, di avere tempo, archiviando l'autorealizzazione personale, accettando di essere, ahimé, come capita ancora in molte aziende, dei meri esecutori... o meglio avere consapevolezza che il nostro lavoro è prezioso, unico e deve essere valorizzato, premiato, perchè siamo risorse e non esecutori? La comunicazione è importante e l'abito linguistico che si sceglie di usare è determinante per spiegare in maniera efficace un concetto. Siamo RISORSE, non esecutori, forniamo un CONTRIBUTO, non performance da Guiness World Record. Contribuiamo alla CO-COSTRUZIONE degli obiettivi dell'azienda. A supporto di questa considerazione riporto l'intervista di Sarah Nelson- sindacalista e presidente di AFA: "Per oltre 50 anni le aziende hanno detto ai dipendenti che devono ritenersi fortunati ad avere un lavoro per i successivi 50 anni. Dovremmo insegnare ai dirigenti che devono ritenersi fortunati se accettiamo di lavorare per loro". Tutto questo è mindshift. E'una consapevolezza rivoluzionaria, che designa il più efficace cambio di paradigma di cultura sul lavoro, e al quale con Trainect, lavoriamo per diffonderlo in maniera capillare.
Per concludere, dobbiamo essere consapevoli che possiamo cambiare le cose, trasformando il circolo da vizioso in virtuoso. Prima di tirare giù il sipario su queste riflessioni, prendo in prestito una conversazione densa di significato del film Matrix, in cui Morfeo invita il protagonista ad una presa di coscienza. Pillola azzurra, restare fermi, accettare le cose come stanno e subirne gi effetti; pillola rossa, essere proattivi e protagonisti del cambiamento. Io, da Ambassador di Trainect, ho iniziato ad assumere la mia dose giornaliera di pillole rosse.
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