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Strategie di benessere per attrarre i talenti e migliorare l'employer branding

Insieme alle nuove generazioni al lavoro entrano in azienda anche i loro valori e i loro bisogni. Bisogni di equilibrio vita - lavoro, bisogni di flessibilità, ricerca di senso, di una cultura sana e di lavorare per aziende con impatto sostenibile sul pianeta.

Il tema del benessere sembra essere per le nuove generazioni al lavoro un must have. CEO, manager ed HR devono sempre più considerare la cultura del benessere come leva strategica per attrarre e trattenere i migliori talenti e, più in generale, per evitare dispersioni di energie e knowledge a causa degli alti tassi di burnout che in tempi recenti hanno dato vita a fenomeni quali quiet quitting e gret resignation.

In questa intervista abbiamo avuto il piacere di confrontarci con Federica Leotta, Group Talent Attraction & Acquisition Manager di Fedrigoni Group ed esperta di employer branding per approfondire il ruolo strategico del benessere per attrarre i talenti e i bisogni delle nuove generazioni al lavoro.


Quali sono i bisogni delle nuove generazioni al lavoro?


La generazione Z si muove ormai tra i corridoi di molti uffici - o si collega da remoto in call - e il suo ingresso in azienda ha spesso messo in discussione cosa veramente conta nella scelta del proprio datore di lavoro. Secondo i risultati del più recente Deloitte Global Gen Z e Millennial Survey, le maggiori preoccupazioni dei giovanissimi italiani - nati dopo il 1997 - sono, dopo il cambiamento climatico e il costo della vita, la disoccupazione e la salute. In un momento storico in cui il riscaldamento globale e le sue conseguenze diventano sempre più evidenti e tangibili, diventa ancora più importante vivere il presente: perché “sacrificarsi” per “fare carriera” quando non c’è certezza che ci sia un futuro per beneficiare dei frutti della propria fatica? A livello globale, il 58% dei rispondenti tra i 18 e i 24 anni si dice pronto a lasciare il proprio lavoro qualora diventasse un impedimento alla possibilità di godersi la vita (Randstad Workmonitor 2023).

E così che la retribuzione assume maggiore importanza ed è il 41% dei giovani tra i 18 e i 24 a dichiarare di aver chiesto e ottenuto un aumento durante l’anno precedente (Randstad Workmonitor 2022) contro il 36% di media totale. Non basta parlare di compensation: la generazione Z è più sensibile rispetto a tutte le altre ai temi di salute mentale e wellbeing (il 66% del campione intervistato vorrebbe che l’azienda investisse di più in iniziative di questo tipo - rispetto al 51% dei millennials e al 41% della generazione X secondo il LinkedIn Global Talent Trends Report del 2022). Nella lista dei desideri non può mancare la flessibilità: i post su LinkedIn che la menzionano ricevono maggiore engagement da parte della Generazione Z rispetto alla media dei risultati degli altri post pubblicati (77% rispetto al 30% dei millennials - LinkedIn Global Talent Trends Report 2022). A livello globale, il 45% di chi ha tra i 18 e i 24 anni non accetta un’offerta che non prevede flessibilità rispetto al luogo di lavoro e il 50% direbbe no ad un’azienda che impone orari lavorativi fissi (Randstad Workmonitor 2023).

Completano i desiderata, oltre a compensation, wellbeing e flessibilità, l’allineamento dell’azienda ai propri valori in ambito sociale ed ambientale (il 52% dei giovanissimi - Randstad Workmonitor 2023 - non accetterebbe di lavorare per un’azienda di cui non condivide le posizioni) ed il senso di appartenenza, la cui assenza spingerebbe il 54% di loro (il 48% in Italia) a cercare un altro impiego.


Se vuoi approfondire la differenza tra work-life balance e work-life integration leggi i consigli di Trainect nel nostro blog!



Come si colloca il benessere nella strategia aziendale per attrarre e reclutare i migliori talenti? Come si può inserire il benessere nella strategia di employer branding aziendale?


Il benessere mentale e fisico, la consapevolezza di lavorare a progetti che abbiano un valore per le persone, per l’azienda e per la società diventano quindi elementi essenziali della proposizione di valore dell’azienda. Se c’era una guerra per il talento in passato, c’è chi dice che oggi la guerra è finita ed il talento ha vinto. Ogni datore di lavoro deve convincere le persone che considera talenti ad interessarsi alla propria azienda, inviare la propria candidatura e quindi accettare un’offerta: per attirarne l’attenzione può raccontare l’ambiente accogliente, le sfide costanti, una rapida curva di apprendimento o un ambiente internazionale. Nel mostrare “le sue carte” l’azienda non può trascurare di menzionare il benessere ma per farlo è fondamentale che creda nella sua importanza e soprattutto che porti esempi concreti a supporto del proprio impegno nel promuoverlo e garantirlo. Sono previsti corsi di formazione su alimentazione sana? Vengono offerti sconti per iscrizioni a palestre o a corsi di mindfulness? Ci sono iniziative di sensibilizzazione sulla salute mentale? E poi, le persone partecipano? I manager le promuovono tra i propri team? Come viene monitorato lo stato di wellbeing delle proprie persone? L’autenticità è imprescindibile - e sappiamo che policy e iniziative da sole non sono sufficienti: è bene che si crei e mantenga viva una cultura del benessere perché l’ambiente lavorativo renda possibile parlarne e agire il wellbeing a tutti i livelli dell’organizzazione. E il pubblico esterno premia l’azienda che ammette di non essere ancora “perfetta” ma che riconosce l’importanza del tema e sta lavorando per scardinare stereotipi (“è una perdita di tempo”, “perché non pensi a lavorare invece?”) dandosi obiettivi misurabili e coinvolgendo la leadership nel cambio di rotta e nella sua socializzazione interna.

Nel far vivere questo tema internamente per poi avere una base solida (o che si sta solidificando) da raccontare al pubblico esterno, è importante non trascurare la diversità generazionale che caratterizza le aziende oggi: il benessere diventa più importante a tutte le età ma ogni fase della vita ne dà una definizione diversa e non tutti hanno la stessa facilità nel trattare determinati temi apertamente in ambito lavorativo. Una strategia di employer branding non può che partire da quanto è vero o lo sta per diventare e non deve dimenticarsi del talento a cui si rivolge - sia per convincerlo a rimanere in azienda, sia per avvicinarlo e portarlo a bordo.


Cosa accade ad un’organizzazione che non investe sul benessere dei dipendenti?


Chi non investe sul benessere dei propri dipendenti è destinato a perdere competitività nel mercato. Le persone che per l’azienda rappresentano oggi il “talento” verosimilmente sono molto richieste dal mercato, in un momento in cui ogni ruolo ha confini sfocati e sono le competenze ed il potenziale a guidare la carriera dei professionisti: se l’azienda non si prende cura di loro non esiteranno a lasciarla per privilegiare chi offre in maniera continuativa e genuina iniziative e servizi che promuovono e garantiscono il proprio benessere.


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