Per il primo episodio della serie “#TrainectMeets: Alla ricerca del corporate wellness”, abbiamo incontrato Giada Greco, People&Culture Manager in Jagaad.
Quello che colpisce subito non appena Giada ci racconta qualcosa in più di questa startup made in Italy è il fatto di essere nata nel 2020 e dunque in piena pandemia e dunque in total remote working. Caratteristica quest’ultima che non hanno mai abbandonato, fino a farne uno dei valori portanti.
Sorge allora spontaneo chiedere a Giada come si fa in una realtà post pandemia, che ha adottato una politica full remote e che ha dipendenti sparsi per il mondo, a mantenere alto il livello di employee engagement e abbiamo colto l’occasione per approfondire con lei questo concetto di cui si sente parlare sempre più spesso.
A: Cosa significa People Engagement? E perché ultimamente se ne sente parlare sempre più spesso?
Giada parte dal porre attenzione alle due parole dalle quali è composta la parola: persone, individui, gruppi da una parte e engagement, quindi coinvolgimento dall’altra. Il People Engagement è creare un senso di appartenenza, che parta dagli employee, per diramarsi in tutta l’azienda e viceversa.
A volte siamo ancora abituati a pensare agli HR solo come quella figura che si occupa delle cose intangibili o poco chiare, oppure molto concrete come le buste paga; ma come spesso accade la verità è nel mezzo e con tutto quello che sta succedendo in questo nuovo contesto di vulnerabilità e cambiamento, in cui ci è richiesto costantemente un’attitudine alla disruptive,
G: "Il compito dell’HR è di creare e prendersi cura del senso
di appartenenza, perché le persone hanno bisogno di sentirsi apprezzate, sentite e seguite; questo allora è il ruolo principale dell’HR che per antonomasia si occupa di umanità, non risorse, ma individui."
E oggi, continua Giada, creare un senso di appartenenza non significa più per forza sentirsi legati in eterno ad un’azienda, ma significa sentirsi parte di un gruppo, di una comunità in cui le parole chiave sono ascolto attivo, feedback e comunicazione.
A: Quali sono le principali cause di demotivazione sul posto di lavoro?
Giada riflette sul fatto che il covid abbia inevitabilmente creato un senso di incertezza nelle persone, modificando radicalmente quella che era la struttura del lavoro.
In Jagaad, ci racconta, sono nati full remote e hanno dipendenti sparsi in tutto il mondo, cercano di adottare modelli di lavoro agili e facilitatori, ma nonostante questo chiaramente gli episodi di demotivazione non mancano, e le cause principali possono essere i ritmi lavorativi stressanti e la frustrazione che il lavoro da remoto può causare: per la mancanza di un contatto fisico, oppure perchè non ci si sente apprezzati all’interno della realtà lavorativa.
La demotivazione può anche derivare dall’assenza di una reale e solida cultura del feedback, che non solo faciliti lo scambio di feedback ma che aiuti anche nel saperli cogliere e interiorizzare, soprattutto quando costruttivi.
G: “Bisogna analizzare la causa della demotivazione creando
un dialogo aperto con le persone; a volte l’abitudine al dialogo è difficile da mantenere per i ritmi serrati che ci distraggono,[...] ma il dialogo coltivato nel tempo che perdura e viene costruito insieme è sicuramente la strada da percorrere.
Quindi cercare le cause per trovare di conseguenza le risoluzioni alla demotivazione.E sicuramente non sarà una call ogni tanto a risolvere il problema, ma lo farà una relazione di reale fiducia e ascolto.
A: In quasi perenne distanza...Come riconoscere segnali di demotivazione e malumore “anche attraverso una web-cam”?
Giada riconosce nel lavoro da remoto una grande opportunità, ma come tutte le cose riconosce anche che non può essere solo bianca o solo nera. In Jagaad, ci fa notare, non esiste solo il fattore distanza, ma anche il fattore meltipot, che rende tutto ancora più complesso.
Prendiamo l’esempio delle web-cam: spesso capita di vedere delle web cam spente, ma ci sono volte in cui potrebbe essere un chiaro segnale di allarme: un employee che solitamente è sempre presente ai meeting, è coinvolto, parla spesso, tiene attiva la web cam, comincia improvvisamente ad attuare comportamenti inediti, la sua presenza inizia a scemare, la web cam a spegnersi e le comunicazioni a diventare sempre più laconiche; oppure potrebbero registrarsi cali di produttività o nel peggiore dei casi comunicazioni che sfociano in sfoghi conflittuali nei confronti dei colleghi.
“Ovviamente ci sono mille fattori che richiedono di essere analizzati
individualmente, per evitare di cadere nel tranello della generalizzazione. Ogni situazione è a sé e un fattore importante durante questo lavoro è quindi conoscere già l’attitude standard di quella particolare persona, in modo tale da riconoscere dei cambiamenti evidenti.“
Se per esempio sappiamo che quella determinata persona lavora perfettamente in gruppo e notiamo un costante distaccamento dal team, forse può essere un altro campanello d’allarme. E qui si comprende ancora meglio l’importanza dell’ascolto.
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A: Una volta individuati i campanelli d’allarme, quali sono le leve su cui agire quando qualcuno si sente demotivato? Come si può agire efficacemente sul morale delle proprie persone?
Giada ci racconta che una buona pratica per tenere alto il coinvolgimento è ritenere e rendere fin da subito responsabili dell'azienda i dipendenti stessi. Ovvero, ci spiega meglio, quando ogni employee deve prendere una decisione, viene incoraggiato a farlo impersonificandosi nella figura del CEO: “Cosa farei se fossi il CEO?”
Partire già da una condivisione molto forte della cultura e dei valori quindi, alza per sè il morale e il coinvolgimento. Questo perché naturalmente, chiedere alle persone il loro parere aumenta il senso di responsabilità e l’autopercezione di essere validi e contare.
“Il messaggio che passa attraverso questa pratica attiva di chiedere agli employee il loro parere è “io ti sto chiedendo questa cosa perché ci tengo alla tua opinione e perché è una decisione che va presa e prenderemo tutti insieme.“
Inoltre ci sono una serie di attività che si possono mettere in atto per cercare di abbattere le distanze per quanto sia possibile e creare momenti di coesione, collettività e condivisione: team building on line e offsite (in cui per esempio si sceglie una località e ci si vede tutti li), quiz vero falso sulle persone del team, lezioni di cucina, guardare un film Disney o allenarsi insieme, e ancora: momenti di scambio di opinioni e Innovation Lab in cui è possibile confrontarsi e immaginare insieme.
Giada ci racconta che una cosa che accadrà a breve in Jagaad e che è sicura avrà un impatto importante sull’engagement delle persone, è lo switch da remote company, a digital nomade company:
“Lavoreremo insieme, girando il mondo.”
Efficienza e team building, produttività e benessere, in equilibrio.
A: Sembrano tutte attività di estremo valore, ma come si misura concretamente l’efficacia di una strategia di People Engagemet?
Giada ci riporta ancora una volta ad esempio i diversi approcci utilizzati da lei e all’interno della sua azienda:
a cadenza trimestrale fanno degli assessment, che sono in realtà degli auto assesment: una serie di domande che vengono poste agli employee e in cui gli viene chiesto come pensano di essere visti dai colleghi, dal management e dall’azienda e lo stesso vale per il management e per il CEO, che lasceranno a loro volta dei feedback su quella persona; nel momento in cui entrambi hanno completato l’intervista, possono leggere le risposte di come vengono percepiti e rendersi conto di eventuali coincidenze o differenze, capendo dove dover eventualmente lavorare.
Un altro elemento utile sono gli assessment di gruppo, in cui è consigliabile la presenza anche del CEO e in cui ci si scambia reciprocamente dei feedback sull’operato e sui risultati trimestrali che monitorano attraverso gli OKR.
Attraverso la sincronia di tutti questi elementi e ai dati che di conseguenza se ne traggono, si riesce a capire se effettivamente la persona sta bene in azienda, se sta performando e nel caso contrario si riesce più facilmente ad individuare le cause.
G: “Ma è evidente che la prima azione da mettere in campo è la comunicazione e l’ascolto perché se la persona non si fida di noi e non parla con noi, si possono avere tutti gli strumenti digitali del mondo ma non sapremo mai davvero come sta e cosa sta passando.”
A: Abbiamo citato più volte la figura dell’HR senza dire mai neanche una volta “recruiting”...come sta cambiando il ruolo dell’HR secondo te?
G: “L’HR deve essere quanto di più lontano esista dalla mentalità dell’”abbiamo sempre fatto così”. Perché “il sempre fatto così” non esiste, altrimenti non esisterebbe l’innovazione.”
Quindi per Giada è fondamentale che uno dei compiti cardine dell’HR sia far si che l’azienda riconosca il suo ruolo, dimostrando le sue capacità e potenzialità, portando strumenti che possano modernizzare e facilitare il lavoro, accelerando i processi.
L'HR del 2022 secondo Giada dovrà essere una figura poliedrica, divergente, che sia in grado di valutare il potenziale delle persone, che faccia da supporto, che sappia riconoscere i propri bias, che sia al passo con i tempi e che sappia ascoltare in modo attivo e analitico, preoccupandosi del coinvolgimento e quindi del benessere di tutte le persone coinvolte.
A: Secondo te cosa significa Corporate Wellness e quali sono i suoi elementi imprescindibili?
Secondo Giada quando parliamo di Corporate Wellness parliamo in primo luogo di cultura e di cultura condivisa: sai di stare bene in un’azienda quando ti alzi la mattina e ti senti coerente a te stesso, riconoscendoti contemporaneamente coerente ai valori della tua azienda.
In secondo luogo per Giada Corporate Wellness significa poter dire la propria opinione senza aver paura di essere giudicati, poter collaborare, dialogare, dare e ricevere feedback ma soprattutto trasparenza reciproca, perché fingere di essere qualcuno che non si è, è un peso che si porta non solo nella giornata lavorativa ma anche a casa.
G: “Ci può essere Corporate Wellness dove c’è un’azienda open minded, che non metta etichette, che sappia valorizzare quello che fai e che celebri i traguardi. La celebrazione degli obiettivi e dei risultati raggiunti può essere visto come un esercizio di gratitudine, in cui riconoscere che i risultati individuali sono collettivi e viceversa.”
Autore: Alice Manzoni
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